giovedì 4 novembre 2010

La periferia del mondo: profilo di SIBYLLE BERGEMANN

di Roberto Mazzarelli





"A me interessa la periferia del mondo, non il suo centro. Solo ciò che non è intercambiabile ha importanza. Se c'è qualcosa che non è del tutto a posto nei volti o nei paesaggi allora comincio ad interessarmi."

Se leggendo questa frase avete pensato anche minimamente a Diane Arbuss vi siete sbagliati di grosso. La periferia del mondo di cui sto per parlarvi è quella di Sibylle Bergemann, uno dei nomi più importanti della fotografia tedesca, morta in questi giorni, all'età di sessantanove anni.
Nata a Berlino, si laurea in economia e commercio. Dal '65 inizia a lavorare come fotografa per la rivista Das Magazine e dal '67 come fotografa freelance per la rivista di moda Sibylle, che in quegli anni imponeva uno sguardo nuovo e rivoluzionario nei confronti della moda. Il suo sguardo si affina grazie alle lezioni del professore Arno Fischer, fotografo e docente apprezzatissimo nella Germania Est. Nel 1985 diventerà suo marito.
La Bergemann si impone come fotografa di moda, ma il suo lavoro si volgerà presto verso il reportage e il documentarismo più estremo. La periferia è al centro del suo sguardo, e appare ai suoi occhi come un mondo onirico, surreale. E' un universo morto, qui il tempo sembra essersi fermato. L'uomo è intrappolato nel suo gesto, nel suo fantasma sospeso tra l'essere e il non essere. E' il racconto di un'inerzia, di un fotogramma un po sfocato, ma mai mosso completamente. Mai nitido completamente.
La fotografia della Bergemann è un limbo della percezione, una trappola per lo sguardo. La periferia è una gabbia. Ad esserci dentro è prima di tutto chi guarda, a sua volta guardato, ignorato e messo nella condizione di guardare attraverso una soggettiva ossessivamente voyeuristica, ma mai invadente.
Ciò che più di tutto colpisce è il grande romanticismo, il grande amore per il soggetto e per tutto quello che lo circonda. Non esiste sfondo, gerarchia tra piani, tutto è portato a livello della superficie. L'uomo non è mai da solo nel primo piano, ma è un tutt'uno con l'ambiente.
L'uomo è per la Bergemann la periferia del mondo moderno.

Alcuni spunti:

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