mercoledì 23 febbraio 2011

Hereafter: ovvero il qui e il dopo secondo Clint Eastwood.

di Roberto Mazzarelli


Qualcuno lo ha definito il Libro americano dei morti, e per chi non lo sapesse era un riferimento ad uno dei testi più importanti della storia, ovvero Il libro tibetano dei morti, attribuito a Padmasambhav, colui che nel VII-VIII secolo ha diffuso il Buddismo in Tibet. Questo non è nient' altro che una descrizione di ciò che avviene in quello stato intermedio tra la vita e la reincarnazione, ovvero la morte. Si tratta di una serie di immagini e divinità che il defunto incontrerà nel suo percorso di morte.
Leggendo oggi questo antico testo si ha la netta sensazione di trovarsi di fronte ad un libro che parli più di vita che di morte. O meglio l'interpretazione più diffusa è che per Il libro tibetano dei morti la morte non è niet'altro che la vita, o viceversa. E sotto questo punto di vista che potremmo trovare una chiave di lettura di Hereafter, il nuovo film di Clint Eastwood. Anche qui si esprime un pensiero sulla vita e sulla morte e sulla comunicazione continua che esiste tra esse. Il discorso di Eastwood non è in nessun modo trascendentale e per lo più non è di natura religiosa. Con la sua ferma e ormai unica classicità il maestro ci racconta quello che negli ultimi anni gli viene meglio: la vita. E quindi la morte.
A tratti sembra di vedere un film di Alejandro Gonzalez Inarritu (Amores Perros, Babel) per il modo in cui il destino entra a far parte della comunicazione tra le persone. Tre storie, tre persone, tre vite inevitabilmente (e prevedibilmente) intrecciate nel o dal hereafter che letteralmente vuol dire il mondo dell'aldilà, ma se provassimo a suddividere questa parola composta avremmo here e after , qui e dopo. Il qui è la vita, il dopo è la morte. Ma non è un caso che queste due parole siano legate in una. Si tratta di quella continuità e di quella comunicazione che come detto poc'anzi c'è tra il ciò che viviamo e il ciò che vivremo. Questa comunicazione, ci viene detto e garantito da Clint Eastwood, è espressa nel film, che altro non fa che raccontare la vita, attraverso immagini, suggestioni, visioni e sopratutto dal contatto. Il contatto è ciò che lega i tre protagonisti a livello drammaturgico, incastrando le loro vicende in un dramma unico, ma il contatto è prima di tutto il modo in cui i protagonisti si approcciano con la morte e su come essa sia un modo inevitabile per comunicare con il loro corpo-mente presente.
Abbiamo quindi la storia della scrittrice francese, sopravvissuta allo Tsunami del 2004, dove vivrà l'esperienza trascendentale del vedere cosa c'è al di là del confine tra la vita e la morte. Poi la storia del sensitivo (interpretato dal nuovo attore feticcio di Eastwood, Matt Damon) che riesce a parlare con i morti delle persone con cui ha un contatto. Per finire la storia del bambino che ha perso il suo fratello gemello in un incidente e decide in tutti i modi di voler ritrovare un contatto con lui.
Forse queste storie appaiono un pò deboli se prendiamo in considerazione gli ultimi capolavori del maestro, ma a mio avviso la loro semplicità sono il punto di forza di questo film. Le lezioni di Clint Eastwood sono in piena sintonia con quelle dirette e semplici dei libri sacri tibetani, dove la vera scienza e la vera filosofia risiede proprio in quei piccoli tratti della vita a cui noi abbiamo smesso di credere o di dare importanza. A pensarci bene il discorso della vita e della morte in Hereafter sono solo un pretesto, per parlare invece di altro, ovvero del contatto che c'è e dovrebbe esserci tra gli uomini. Fantascienza per un mondo in cui non esiste più un vero contatto umano, quella stretta di mano che tanto intimorisce il sensitivo Matt Damon. A partire da facebook e da tutto quello che viene definito network sociale si arriva ad un mondo distaccato, inumano. Ma qui ci viene spiegato come questo contatto in fase di estinzione sia il vero fondamento della vita da cui bisognerebbe ri-partire. Prima che lo tsunami ci ammazzi tutti.

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