mercoledì 3 novembre 2010

IL DIAVOLO di Andrzej Zulawski

di Marco Del Rosso


Secondo film di Zulawski dopo La terza parte della notte, censuratissimo in patria, dove fu sequestrato dal governo polacco per essere rimesso in circolazione solo alla fine degli anni ottanta, e per giunta con una scarsissima distribuzione. Secondo le autorità, il motivo del sequestro della pellicola sarebbe stato l'alto livello di violenza, crudeltà e perversione presenti nel film, secondo Zulawski invece no. Lo stesso regista riferisce infatti ciò che il ministro della cultura dell'Unione Sovietica avrebbe affermato: "sospettiamo che non sia realmente un film sul 18esimo secolo, ma non ne siamo sicuri". Secondo quanto riferito dallo stesso Zulawski infatti, l'idea di fare questo film sarebbe sorta in seguito a un episodio avvenuto verso la fine degli anni sessanta in Polonia, quando un gruppo di pacifici studenti, durante una manifestazione contro la censura furono provocati dalle autorità comuniste, le quali utilizzarono l'evento come pretesto per una dura repressione in seguito alla quale molti studenti furono incarcerati. Ovviamente, non potendo riferirsi esplicitamente all'accaduto, Zulawski decise di ambientare il film alla fine del 18esimo secolo, riempiendolo però di riferimenti alla situazione politica attuale.

Il film è infatti ambientato durante l'invasione prussiana che precedette la seconda spartizione della Polonia, approvata dal Sejm (il Parlamento polacco), e che contribuì insieme alle due successsive spartizioni a gettare la Polonia nel caos e a metter fine alla Confederazione Polacco-Lituana. La condizione di caos morale assoluto rappresentata da Zulawski, e attribuita all'occupazione prussiana, si riferisce ovviamente a quella della Polonia contemporanea al regista e al regime comunista, simboleggiato proprio dal Diavolo, che qui appare nei panni di una spia del nuovo governo che sta insediandosi nel territorio conquistato, e che spingerà il protagonista Jakub, un giovane cospiratore (probabile riferimento proprio ai manifestanti incarcerati di cui sopra) precedentemente arrestato perchè colpevole di regicidio, a macchiarsi di una serie di delitti per poi condannarlo alla dannazione, più o meno come si comportarono le autorità comuniste secondo l'aneddoto sopra riportato.

Tuttavia, come dirà il capocomico di un gruppo di commedianti che Jakub incontrerà durante il suo vagabondare per la foresta, metafora del caos, a cosa può essere attribuita la decadenza, al male che genera la debolezza, oppure alla debolezza che rende possibile la degenerazione nel Male? Con questa domanda credo che Zulawski intenda chiedersi se la decadenza della Polonia, terra caratterizzata da una storia particolarmente drammatica e infelice, sia dovuta alla dominazione in sè (in questo caso si parla sempre del regime comunista), oppure a una debolezza "costitutiva" della nazione stessa, dato che le quattro spartizioni che metteranno fine alla Confederazione polacco-lituana saranno rese possibili, almeno secondo gli storici, proprio dall'incapacità del Paese di autogovernarsi e dall' estremo disordine che lo avrebbero reso vulnerabile (una delle principali cause del quale fu il famoso diritto di veto introdotto sotto il regno di Augusto III).

Ma il caos morale rappresentato da Zulawski, a mio avviso, non è soltanto quello relativo alla condizione storico-politica del suo Paese, ma quello del mondo in generale, un mondo impazzito in cui "morto Dio tutto è permesso", e in cui l'uomo può dar sfogo alla sua naturale inclinazione all'immoralità e alla perversione, che del resto è quello che ritroviamo in tutti i suoi film; ed è qui che a mio avviso la denuncia politica cede il passo a una riflessione filosofica di matrice dostoevskijana (lo scrittore russo è un'ossessione personale del regista). I lineamenti stessi del Diavolo ricordano quelli di Dostoevskij, e le crisi epilettiche alle quali questi andrebbe soggetto di tanto in tanto durante il film, precedute da un senso di euforia e onnipotenza ("prima degli attacchi mi sento forte come un giovane Dio") potrebbero rimandare proprio a quelle di cui soffriva lo scrittore e che Freud interpreterà come forma di autopunizione per il desiderio di morte del padre odiato (che questo "padre" possa essere, nel film, proprio il Dio "ucciso" dall'uomo? Ed è un caso che il diavolo sia un'allegoria del regime comunista?)

Se Dio è morto tutto è possibile, in un mondo in cui ormai non esistono più nè morali nè leggi anche uccidere diventa un'azione non giudicabile moralmente, un semplice atto di "pulizia". Questo è ciò che dirà il Diavolo a Jakub, dopo avergli mostrato lo stato di corruzione morale in cui versa ormai il suo paese e soprattutto il suo mondo affettivo, dopo avergli mostrato cioè che gli amici per i quali si era sacrificato lo hanno tradito (il suo migliore amico, anche lui ex-cospiratore, si è sposato con la sua donna), che suo padre (ancora il padre) si è suicidato probabilmente per non voler vivere in un paese che stava degenerando in quel modo, che la madre (forse allegoria della Polonia stessa) è diventata una prostituta e che la sorella sta seguendo la sua stessa strada. Il diavolo sfrutterà dunque lo stato di profonda prostrazione e insofferenza che faranno lentamente sprofondare nella follia Jakub, incitandolo così, solo allo scopo di farsi consegnare alla fine la lista degli altri cospiratori, a uccidere a uno ad uno amici e familiari.
Questi può pertanto essere considerato una sorta di doppio malvagio di Jakub, di "sosia" dostoevskijano, l'incarnazione di quel titanismo che porterebbe l'uomo a sostituirsi a Dio diventando un Dio egli stesso.
Jakub è totalmente succube del Male, smarrito nella foresta del caos, ma sa che ormai l'unico modo per rivedere la luce è andare sempre più a fondo nell'oscurità, per questo decide di portare a termine il suo lavoro di "pulizia" del mondo, ma lo fa muovendosi come un "boscaiolo che trovandosi in mezzo a una fitta rete di rami intricati", per andare avanti, e quindi per trovare la via d'uscita, non può fare altro che tagliare (questa è proprio l'immagine che usa il Diavolo per convincerlo a proseguire nella sua azione).

Jakub può essere considerato quasi una sorta di Amleto nichilista: mentre l'eroe (o anti-tale) shakespeariano vuole compiere un atto di giustizia vendicando la morte del padre, Jakub invece si muove in un mondo in cui non c'è più nè giusto nè sbagliato, e in cui pertanto uccidere diventa un'azione non giudicabile moralmente; egli non sa quello che fa, è spinto solo da una cieca volontà di rivalsa, di vendetta, ma non sa bene neanche lui su cosa, il suo agire nasce soltanto da una furia immediata e convulsa, totalmente priva della proverbiale riflessività che in Amleto minaccia quasi di inibire l'azione, e che ne ha fatto proprio il simbolo del prevalere del pensiero su quest'ultima (e forse per questo in una scena vediamo Jakub uccidere, in un impeto di furia irriflesso, proprio l'attore che fino a poco prima aveva impersonato Amleto nella recita dei commedianti).

Ma come del resto accade anche in Possession, l'uomo è talmente smarrito nel caos del mondo da scambiare il Diavolo per Dio, e questo è il motivo per cui Jakub non vedrà mai la luce come sperato, come ci suggerisce il finale estremamente simile a quello del film appena menzionato, in cui il protagonista si arrampicherà disperatamente su un albero non riuscendo però a raggiungerne la cima (come Sam Neill che dopo essere arrivato in cima alla scala si ributta di sotto).
Il titanismo e la deificazione dell'uomo portano alla distruzione, mentre l'unico modo per salvarsi e uscire dall'oscurità e dal caos è la purezza, la fede, rappresentata da una giovane suora che accompagna Jakub nel suo viaggio per tutto il film, e che di tanto in tanto cercherà goffamente di "sedurlo", ovviamente senza alcun risultato; il personaggio della suora sembra rimandare proprio agli umili dostoevskijani, a quei personaggi candidi e ingenui, anche un po' stupidi, il cui più celebre esempio è il principe Myskin de L'idiota, che non riescono a comprendere la presenza del Male nel mondo e che pertanto o rischiano di impazzire, oppure tentano di sobbarcarseli tutti attraverso l'abnegazione e la fede. E sarà proprio lei, la giovane suora, rimasta sola con un demente, a uccidere alla fine il Diavolo e a danzare insieme a quello intorno al cadavere di quest'ultimo.

Il film è una favola filosofica e allegorica di grandissimo impatto visivo ed emotivo, in cui l'uso costante e volutamente rozzo di una macchina a mano traballante e ubriaca, a volte usata con la brutalità di un'accetta, rimanda al caos che domina tutto quanto; il mondo totalmente impazzito e corrotto del film mette i brividi per la violenza forsennata con cui viene rappresentato, e la scena d'apertura nel convento diroccato, che ci catapulta immediatamente in una Polonia (e in un mondo) infernale e in preda al caos, è un pezzo di grande cinema visionario da mozzare il fiato, come pochi se ne vedono. La macchina a mano, utilizzata per tutto il film, tampina il protagonista senza staccarsene un secondo, senza lasciare un attimo di tregua nè a lui nè soprattutto allo spettatore, ruotando vorticosamente attorno ai corpi degli attori, apparentemente in preda a degli spasmi epilettici, ai quali il regista impone una recitazione che coinvolge tutto il corpo e che addirittura sconfina spesso nella danza, secondo le premesse del teatro povero di Grotowsky (che sarà un po' un punto di riferimento per tutto il cinema di Zulawski), e facendo sì che tutto il film risulti alla fine una sorta di danza isterica fra corpi e macchina da presa. Insomma un film che violenta lo spettatore per poi svuotarlo, come tutti quelli del regista, una messinscena talmente esasperata da sfiorare il ridicolo (credo volutamente, e comunque senza che ciò costituisca un difetto), e una colonna sonora altrettanto potente ed esaltante del fido Korzinsky, con delle svirgolate rock che probabilmente alludono al contesto politico cui il film fa riferimento. A mio avviso l'altro capolavoro di Zulawski insieme a Possession, al quale forse, anche se non vorrei esagerare, può addirittura essere considerato superiore.
Che altro dire, buona visione!"



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