martedì 2 novembre 2010

Le donne di Kurosawa

di Paola Di Giuseppe


“Dostoevskij sarebbe incapace di vivere con le sue eroine come fa Tolstoj con le sue, le eroine lo interessano solo in funzione dell’uomo”. Nicolas Berdiaev - L'Esprit de Dostoïevskij (1921).

Proviamo a verificare se e quanto questa constatazione possa applicarsi anche al mondo di Kurosawa, grande cultore della narrativa russa e in particolare affascinato da Dostoïevskij.Possiamo affermare che per il grande regista giapponese “l’anima umana è prima di tutto il principio maschile”, come dice Berdiaev parlando dello scrittore russo? Le co-protagoniste dei film elencati sembrerebbero smentire questo principio piuttosto manicheo. Nel mondo di Kurosawa c’è posto per tutti, la profondità d’indagine dell’animo umano in lui è troppo ampia e profonda per escludere quello che Rilke chiamò lo “….splendido spazio del cuore[1] femminile. Spesso, anzi, la presenza femminile è il reagente che apre sviluppi, in bene o in male, all’azione (Il trono di sangue), modifica significativamente percorsi di vita (L’idiota), dà carica nuova e inaspettata al lento sprofondare verso il nulla (Vivere), introduce nello spazio filmico cromatismi di grande suggestione visiva ( il velo di Masago in Rashomon) che così bene rappresentano naturali proiezioni del Kurosawa pittore. L’inquietudine di Kurosawa nell’esplorare il mondo e la sua visionarietà nel guardarlo non potevano fermarsi di fronte a nessuno steccato. Come le eroine di Euripide, il tragico che meglio di altri conobbe le profondità dell’animo femminile, eppure figlio di una società che escluse le donne da ogni simposio, così le donne di Kurosawa portano nei suoi drammi “infinita compassione e partecipazione al dolore del vivere”(D.Del Corno, Letteratura greca). Nella sua Autobiografia il regista afferma “Non ci sono molti personaggi femminili nei miei film, perché mi trovo più a mio agio con quelli maschili, ecco tutto. Anche le donne dei miei film hanno un carattere forte, come gli uomini. Io amo le cose estreme, non mi piacciono le vie intermedie”. Sembra che stia parlando di qualcosa di diverso da quello che è il naturale mondo delle donne?

[1] R.M.Rilke, Antistrofe, da Poesie sparse


FILMOGRAFIA ESEMPLARE

Lo spirito più elevato (1944)

Un coro di ragazzine sorridenti, vocianti, sembrano le Oceanine di Eschilo che accorrono trepidanti dall’amico Prometeo legato alla rupe del Caucaso.

Come affidare a loro un compassato film di propaganda? Solo il grande Kuro…..


Non rimpiango la mia giovinezza (1946)

Yukie, unica “eroina protagonista” del mondo virile di Kurosawa, farà quello che Noge non avrebbe mai creduto fosse capace di fare. Peccato lui sia morto, nel frattempo…

Una domenica meravigliosa (1947)

Masako, piccola donna saggia e sorridente, non si arrende alla povertà e per lei, che applaude felice, Yuzo dirigerà l’orchestra invisibile nel parco vuoto di Tokyo (la più bella esecuzione notturna dell’Incompiuta di Schubert che possa capitare di ascoltare).

Il duello silenzioso (1949)

Noriko Sengoku (l’infermiera segretamente innamorata di Kyoji) aveva debuttato con Kurosawa ne L’angelo ubriaco.

Una prestazione al femminile di notevole respiro, “è una delle performance migliori con un personaggio femminile in un film di Kurosawa, una ragione sufficiente per guardare il film.” commenta S. Galbraith (The Quiet Duel, BCI Eclipse).


Cane randagio (1949)

Hirumi, ballerina di squallidi music hall di periferia post-bellica, in una Tokyo canicolare, non tradirebbe mai Yusa, quel vestito che lui le ha regalato ruota come la corolla di un fiore intorno al suo corpo esile.

Ma Yusa è un cane randagio, senza speranza, e il vestitino finirà, triste, sotto la pioggia.

Rashomon (1950)

La brezza solleva il candido velo di Masago mentre passa sul cavallo condotto a briglia dal marito.

Volute leggere l’avvolgono in una cortina diafana e la verità cambierà continuamente sostanza e forma.

L’idiota (1951)

Taeko ha gli occhi del condannato a morte, solo l’ ”idiota” sa come amarla.

Ayako, i suoi sguardi, i suoi silenzi di fronte a chi si ostina a chiamare “idiota” quell’uomo “assolutamente buono”.


Vivere (1952)

Toyo giovane, vitale, spensierata farà scoprire al vecchio, disperato Watanaba il senso della vita.

Rosebud stavolta è il suo coniglietto di péluche.


I sette samurai (1954)

La piccola Shino ha sacrificato i suoi bei capelli lunghi e il padre furioso la trascina a terra per tutto il paese, ma l’amore per il giovane samurai Katsushiro trionferà.


Testimonianza di un essere vivente (1955)

Appena tratteggiata è la figurina della giovane amante dell’anziano industriale rovinato dalle sue ossessioni e rapinato dalla famiglia, quando cerca di aiutarlo con i suoi magri risparmi o va a trovarlo in manicomio col suo neonato in braccio.Tutti l’hanno abbandonato, lei no.

E’ una presenza silenziosa, marginale, di quelle che Kurosawa introduce a volte nei suoi film con discrezione, quasi volesse lasciarle sullo sfondo per non sciuparne la freschezza.


Il trono di sangue (1957)

Asaji, immobile, lunare: “Prendi il trono, è tuo, è questo che ripetono le loro voci. Senza ambizione un uomo non è un uomo”. Una Lady Macbeth che aspetta un figlio.

Nascerà morto.


La fortezza nascosta (1958)

Yuki è la regina del suo popolo, avvolta nel bianco kimono ricamato con i due fidi samurai al fianco.

Il suo cammino è compiuto, era una principessa capricciosa, ora è una donna forte.


Dodés ka-dén (1970)

Katsuko, silenziosa schiava violentata dal lurido zio, e quel ragazzo delle bottiglie, l’unico che le parli con dolcezza.

Tenterà di ucciderlo, per paura, non sopporterebbe che lui la dimenticasse…..

Ran (1985)

Kaede non conosce pietà né follia. Vive e opera assetata di vendetta, spietata e determinata fino alla tremenda fine, e il suo sangue tingerà la parete.

Rapsodia in agosto (1991)

Nonna Kane è sopravvissuta all’atomica, è una hibakusha.

Felice con i suoi nipoti, si muove silenziosa e discreta.

Il vento di tempesta le rovescia l’ ombrellino mentre corre verso Nagasaki.




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